La visita e altri racconti dagli anni Trenta by Bruno Tobia

La visita e altri racconti dagli anni Trenta by Bruno Tobia

autore:Bruno Tobia [Tobia, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Gemma Edizioni - Megamiti
pubblicato: 2024-09-15T00:00:00+00:00


Marco abbassò il foglio. Era visibilmente soddisfatto. «Osservazioni?», chiese, dando per scontato che non ve ne fossero.

«Sì, una», si udì la voce di Giulio: «Se vogliamo apparire i veri difensori dell’indipendenza nazionale, prima di tutto l’Italia. Quindi l’incipit e la chiusa vanno invertiti».

«Vuoi dire: “Viva l’Italia! Abbasso il fascismo!”?», disse Marco.

«Esattamente». E senza altri commenti la riunione si sciolse.

Il giorno appresso le ragazze si ritrovarono a casa di Virginia che possedeva una macchina per scrivere.

«Dobbiamo lavorare a un elaborato per l’università, mamma. Sii gentile, non ci disturbare». Virginia tacitò con uno sguardo la curiosità della madre. Si sistemarono nella camera della ragazza. Enrichetta batteva sui tasti e le due amiche si alternavano nella dettatura. Procedevano con lena, Enrichetta era abile, quasi non commetteva errori. Il carrello avanzava rapido e al tintinnio dell’arresto corrispondeva subito il gesto della dattilografa che, premendo la leva, lo riportava nella posizione iniziale, mentre il foglio di carta, imprigionato sul rullo dalla bacchetta di metallo, avanzava di un rigo. Il testo copiato corrispondeva perfettamente allo spazio di un foglio. Terminata la dettatura, Enrichetta lo estraeva e ne inseriva subito un altro. Avevano tutte e tre preso un ritmo quasi musicale e si sentivano avvolte in un’atmosfera fervida, di una gioia piena: una sensazione mai provata, ignota, che le deliziava e le straniva. Il rumore della città giungeva ovattato attraverso i vetri della finestra e sembrava avvolgerle e accompagnarle nel loro lavoro.

“La vita”, pensò Virginia, “continua lì fuori come sempre. Nessuno sa quel che stiamo facendo, chiuse in questa stanza. Non lo sospetta proprio nessuno”. Questa consapevolezza le diede un senso di potenza, quello di chi sovrasti gli eventi e li domini, come se quel ticchettio ritmico quasi senza sosta, scandisse la distanza che le separava dalla comune umanità, rimasta completamente all’oscuro delle loro intenzioni, estranea, lontanissima. “Noi compiremo un gesto che muterà la nostra esistenza. Noi getteremo oltre noi stessi la nostra paura, anche le nostre poche certezze, inseguiremo la nostra speranza”. Aprì la porta finestra e salì sul balcone. Si appoggiò alla ringhiera e la strada per lei così consueta le si squadernò davanti agli occhi in tutta la sua usuale semplicità. Il lattaio all’angolo, il tabaccaio sul lato opposto. E poi l’edicola. Proprio di fronte, il negozio di frutta e verdura. In fondo, dove la via s’inclinava in discesa con una pendenza accresciuta, la bottega del meccanico di biciclette. La chiesetta di San Giuseppe era sbarrata. La caserma della Milizia, adattata nel piccolo ex convento di suore di clausura, si notava appena. “Che paesaggio familiare. Che conforto”, pensò ancora e si intenerì, quasi immaginasse di essere costretta, quello stesso giorno, a separarsene e per sempre.

«Chiudi la finestra. Fa freddo!». Il grido di Laura la raggiunse da dietro.

«Scusate», si affrettò a dire e rientrò in casa.

«Facciamo una pausa», propose Enrichetta, «sono un po’ stanca». Sistemò il mucchio dei fogli dattiloscritti e prese a contarli: «Quarantacinque». Torse la bocca: «Avremmo dovuto prendere della carta carbone».

«No. La copia viene sbiadita e poco leggibile. Non funziona», replicò Laura.

Tacquero, ognuna immersa nei propri pensieri.



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